2023, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco
Nel 1656 una grave epidemia di peste scoppiò improvvisa nel regno di Napoli. La peste colse di sorpresa popolazione e governanti, favorendo la diffusione di spiegazioni inverosimili. La popolazione napoletana tentò di placare la paura con la speranza di un miracolo, considerato una possibile soluzione all'epidemia. Nonostante l'adozione di alcuni provvedimenti preventivi, utili a controllare la diffusione della malattia, processioni e funzioni religiose si svolsero comunque nella Napoli infetta, contribuendo però a propagare ulteriormente il male. La peste finì per lasciare segni durevoli nella mente della popolazione napoletana, ignara dell'eziologia della malattia, rafforzando l'idea che solo Dio e i suoi santi avrebbero potuto preservare la città da un tale tragico evento anche negli anni a venire.
2023, Articolo in rivista, ENG
Fusco I.
In this essay I will deal with plague and preventive measures in two epidemics which broke out in the Kingdom of Naples in 1656 and in 1690. The prevention was the most effective solution against the disease, but it was not always adopted. Differences between isolating the rich and isolating the poor existed, and they contributed to the plague spreading, as it happened especially in the 1656 disease. However, by the end of the 17 century a greater awareness of the importance of prevention had been reached, as well evidenced by the experience of the better managed 1690 epidemic.
2021, Contributo in atti di convegno, ENG
Idamaria Fusco
The current health emergency caused by Covid-19 reminds us of the numerous pandemics of plague, flu and other terrible infectious diseases which affected our territories for centuries. Today we are frightened by these events. However, in the past, events that we are used to considering extraordinary today, such as a pandemic, were actually "usual" and happened quite frequently. Serious epidemics broke out since ancient times [Eisenberg, Mordechai, 2019; Elliott, 2016; White, Mordechai, 2020], and then went on breaking out throughout the Modern Age. Suffice it to think of the medieval Black Death that affected the whole Europe [Álvarez-Nogal, Prados de la Escosura, Santiago-Caballero, 2020; Capitani, 1995; Cohn, 2008; Green, 2014], and the following epidemic waves, such as the two plague epidemics that hit the Italian Peninsula [Ago, Parmeggiani, 1990; Alfani, 2013; Alfani, Cohn Jr., 2007; Cipolla, 1985; Fosi, 2006; Fusco, 2007, 2017; Lucchetti, Manfredini, De Iasio, 1998; Manconi, 1994; Pastore, 1990; Rocca, 1990]. Today we have lost the "culture" of epidemics, the memory of them. This loss of memory makes it more difficult to accept and govern them. Going back to the past, analyzing how some epidemics were faced can still be a useful teaching in order to deal with them in the present days in a conscious way and with a greater chance of success. Hence the importance of brushing up on epidemic studies in a long-term perspective, also because many tools used in the past to fight a pandemic, such as isolation and quarantines, are still valid today for epidemics, such as Covid-19, unknown from the health point of view. Today governing in an epidemic emergency is not an easy task, but neither was it in the past. During an epidemic the traditional political, economic and social stability risked to be shaken, and the authorities were forced to adopt new measures and above all in a very short time. ? idamaria.fusco@isem.cnr.it 30 In this paper I deal with the emergency government in Southern Italy in 17th century with an eye over the plague which, like Covid-19 today, was an unknown disease in the Modern Age and which made doctors fumble around in the dark. In particular, I will consider two epidemics broken out in the 17th century: in 1656 and 1690. In both cases, the measures known to deal with the emergency were the same; however, the way they were adopted was very different. In short, I tend to emphasize that not only the specific disease, but also (and above all) the different way it is governed characterize a pandemic, today as in the past.
2021, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco
Le epidemie, in quanto eventi straordinari, improvvisi e devastanti, sconvolgevano una società e i suoi equilibri preesistenti. Esse provocavano emozioni forti, quali odio e paure, in grado di muovere azioni pericolose e non sempre lecite. Le epidemie spesso non univano, molte volte dividevano, riducendo la fiducia sociale e spingendo gli individui a cavarsela da sé. Anche al fine di riuscire a sopravvivere a una malattia che presentava indici di mortalità assai elevati. Questo valeva per i singoli, intenti ad allontanarsi il prima possibile dal pericolo, ma anche per interi centri, in questi anni difficili propensi più del solito all'inquietudine, impegnati a proteggersi e, per difendersi, spesso anche a ribellarsi all'ordine costituito. Pertanto, conservare il controllo di una società in preda a un'epidemia era un compito impegnativo per i governanti; un compito, peraltro, non sempre esercitato con successo. Spesso gestire un'emergenza epidemica comportava un impegno maggiore di quello richiesto in caso di guerra, come sottolineavano del resto coloro su cui gravava il duro "onere" del governo. Se già in tempi "normali" il controllo di una società di antico regime si giocava su sottili e delicati equilibri, in anni di epidemia tali equilibri erano infranti, venivano messi in discussione per poi essere ricostruiti magari su basi totalmente diverse. Nuovi equilibri emergevano, specie a livello locale; e con essi i governanti erano costretti a confrontarsi. In questo saggio analizzeremo gli effetti che le emozioni provocate dalle emergenze epidemiche seicentesche ebbero sull'ordine pubblico a Napoli e nelle sue province, analizzando alcuni aspetti e casi concreti, e le azioni che misero in essere i governanti nel tentativo di ripristinare l'ordine sulla base di vecchi e nuovi equilibri.
2021, Articolo in rivista, ITA
idamaria Fusco
This essay deals with plague in the Modern Age with particular attention to the Kingdom of Naples in the 17th century. The plague was a very contagious disease, which caused very high mortality rates. Lacking proper medical remedies, a valid preventive "policy" was the only "medicine" against the disease. So, isolation and quarantine, which were well known, but often not timely adopted because of various reasons. The experience of the Kingdom of Naples, struck by a serious epidemic in 1656, proves the importance of prevention and the difficulty of completely isolating an area.
2021, Articolo in rivista, ENG
Idamaria Fusco, Maurizio Bifulco, Simona Pisanti
In the spring of 1656, an epidemic of bubonic plague suddenly fell on Naples, the capital of the Kingdom of the Two Sicilies. The epidemic had put a strain on the government authorities, forcing them to take sometimes drastic measures but, in most cases, scarcely decisive. The current health emergency caused by Covid-19 disease has many similarities with the epidemics of the past. Here we report the parallelism among plague and Covid-19 in several respects. Taking as a paradigm the plague epidemic of Naples of 1656, we can easily understand how history, showing us how past epidemics were managed and overcome, even with the intrinsic differences due to the limits of time and scientific progress, can still give us a useful lesson to face the present.
2021, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco
Fin dall'antichità e per tutta l'età moderna la peste aveva sempre navigato sul Mediterraneo, causando epidemie gravi e diffuse su ampi territori. Tuttavia, sul finire del Seicento gli episodi epidemici si andavano riducendo di numero e di intensità. La peste era ancora presente nell'area mediterranea, ma si concentrava soprattutto nella parte orientale di questo mare, perché la malattia proveniva soprattutto dall'Oriente, dove la prevenzione era adottata con minore attenzione. In Occidente, e in particolare nel regno di Napoli, grazie anche alla memoria del passato, e soprattutto alla memoria della grave epidemia del 1656, i governanti erano diventati più intransigenti rispetto agli anni di inizio secolo, avendo oramai bene appreso l'importanza della prevenzione, di isolamenti e quarantene, per tutelare le coste dagli attacchi della peste. L'area meridionale maggiormente a rischio restava la Puglia, che guardava all'Adriatico e all'Oriente. Gli attivi traffici tra le due sponde adriatiche, assieme ad altri fattori, resero la Puglia un'area particolarmente vulnerabile. Così, le autorità napoletane furono costrette a imporre un controllo severo e continuo delle coste pugliesi perché solo grazie a tale rigoroso controllo era possibile difendere non solo l'area adriatica ma l'intero regno.
2021, Curatela di numero monografico (di rivista o di collana), ITA
Idamaria Fusco, Gaetano Sabatini
cura di volume di rivista
2021, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco, Gaetano Sabatini
Introduzione
2021, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco, Gaetano Sabatini
In età moderna governare una situazione di emergenza non era facile. Nonostante le difficoltà, però, governanti e governati continuarono a cercare valide strategie per contrastare l'emergenza. Nel regno di Napoli del XVII secolo si preferì delegare ampi poteri a un ministro locale, il preside provinciale, che ben conosceva la realtà locale, chiamato a governare in periferia al posto della capitale con poteri talvolta davvero straordinari. Tale figura consentì alle autorità napoletane di ottenere, in alcune circostanze, un efficace controllo delle più lontane e problematiche province del regno
2020, Contributo in atti di convegno, ENG
Idamaria Fusco
In the Modern Age the sea was the preferred place for movements of men and goods, but it was also the place through which diseases arrived. And yet, compared to the land route, it was also the place characterized by the weakest borders, which were more difficult to be controlled. In a peninsula, such as the Kingdom of Naples, jutting between the Tyrrhenian Sea and the Adriatic Sea, control was even more difficult. Here the coasts were broad and generally easy to get to, especially in the case of small boats. These small boats used to move along the coasts in the Adriatic Sea, which is almost a closed but also a very dangerous sea, connecting the Western world to the East, which was dangerous because it was from the East that disastrous epidemics used to come. Along Southern Italian coasts disembarkations occurred easily. However, there were attempts to limit them for health and tax reasons. Specific viceroyal laws established the allowed landing points for every boat, and controls on the origin of crews, passengers and goods were strict. Meanwhile, all the points on the coasts were somehow controlled both by land, thanks to towers and men observing the coast, and by sea through small patrol boats. Nevertheless, de facto smuggling and illegal landings outside the allowed ports were a common practice. And for this reason they were very dangerous from the health point of view. So it is no coincidence that in the 17th century both of the plague epidemics which hit the Kingdom of Naples came from the sea. In this paper I analyze how the Kingdom of Naples controlled the possible maritime landings, the difficulties the government authorities dealt with in controlling the coasts, and the special measures they adopted, if any, in emergency situations such as the two epidemics that occurred in the 17th century. A picture will emerge where the sea, the main vector of epidemics, was also the place where the control, albeit strict in theory, proved to be less effective than the land one.
2020, Articolo in rivista, ITA
Idamaria Fusco, Gaetano Sabatini
Uno dei contesti nei quali la capacità di governo del territorio della monarchia spagnola fu tradizionalmente messa a più dura prova fu certamente quello delle aree di confine, che per la loro stessa natura costituivano più facilmente luogo di presenza di elementi di alterazione dell'ordine pubblico. La lotta che al principio degli anni Novanta del Seicento conduce contro il banditismo Marco Garofalo marchese della Rocca, capo dei presidi miliari delle province d'Abruzzo ai confini settentrionali del Regno di Napoli, in un'area di frontiera con lo Stato della Chiesa, costituisce un esempio della capacità dei ministri della monarchia di dinamizzare tutti i mezzi a propria disposizione per conseguire il controllo sul territorio, accompagnando l'uso della forza all'esercizio della diplomazia
2020, Contributo in volume, ITA
Fusco I.
La strada che il calcio ha dovuto percorrere per ottenere un riconoscimento da parte della letteratura e della poesia è stato lungo e irto di ostacoli, ma oggi - forse - nessuno più negherebbe che questa disciplina sportiva, quale attività umana, possa essere oggetto di racconti in prosa e di versi, sia in quanto narrazione di una vicenda dell'uomo, sempre più sentita nella vita attuale, anche come momento di svago, specie in Italia, sia in quanto metafora di problematiche più complesse che quotidianamente l'individuo è tenuto ad affrontare. Umberto Saba e Fernando Acitelli, seppur con modalità e in tempi diversi, ben rappresentano il legame che congiunge calcio e poesia. Entrambi parte della vita dell'uomo, calcio e poesia sono anche metafora della vicenda umana, immagine di un'esistenza che, come una partita di pallone, va giocata fino in fondo.
2020, Contributo in volume, ITA
fusco I
Quando si parla di mare come risorsa, generalmente si pensa a quanto esso offre di concreto (pesca, minerali, petrolio, gas, acqua potabile attraverso processi di dissalazione, possibilità di utilizzo dell'acqua ai fini della produzione di energia rinnovabile), o al mare quale strumento utile per migliorare la vita economica di un popolo (commerci, trasporti marittimi di uomini e merci, turismo balneare). Tuttavia, spesso si dimentica l'aspetto più "culturale" della risorsa mare, quali le sue potenzialità di trasmettere saperi e conoscenze, essendo in grado il mare di mettere in contatto tra loro civiltà talvolta molto lontane e differenti. Un aspetto, questo, non irrilevante, specie se si va indietro nel tempo, quando il mare era il principale, se non l'unico, strumento e luogo di comunicazione. Per tutta l'età moderna e almeno fino a quando altri mezzi di trasporto non hanno preso il sopravvento sulla navigazione marittima, il mare ha rappresentato il principale strumento di trasmissione anche di malattie gravi e devastanti, quali erano le epidemie di peste, i cui vettori si spostavano sulle navi assieme a uomini e a merci. Era infatti soprattutto attraverso il mare e i suoi porti che avanzavano e si diffondevano pandemie dalla portata immensa e che hanno segnato duramente e talvolta in maniera irreversibile la vicenda umana. Queste osservazione non mirano, tuttavia, come potrebbe sembrare, a far emergere una immagine "negativa" della risorsa mare, quale principale responsabile di gravi tragedie umane, quanto sono volte a far affiorare una lettura "positiva" di tale risorsa, rappresentando il mare uno strumento di stimolo per coloro che erano tenuti a fronteggiare queste emergenze. Così come il mare portava la peste, era il mare che, trasportando la malattia, spingeva i governanti a interrogarsi sulle proprie "politiche", sui propri strumenti di intervento, sui propri fallimenti in caso di mancato controllo dell'epidemia. Così, nel caso delle pandemie di peste, il mare, da risorsa "negativa", in quanto strumento di trasmissione di malattie, si trasforma in una risorsa "positiva", in uno stimolo fruttuoso per i governanti, spinti a mettere in discussione meccanismi consolidati e non sempre vincenti e a tentare di gestire e governare un'emergenza in maniera completamente diversa e forse con successo. Il mare diventa, quindi, uno specchio lucente delle debolezze di una società di ancien régime, ma anche delle sue potenzialità positive di reazione. In questo saggio, quindi, attraverso l'analisi di alcune scelte adottate nel regno di Napoli in occasione di epidemie di peste verificatesi nel corso del Seicento, tenteremo di analizzare alcuni aspetti delle "politiche" sanitarie dei governanti con uno sguardo privilegiato volto al mare.
2020, Articolo in rivista, ITA
fusco i.
La peste, nelle sue forme bubbonica, polmonare e setticemica, era un male diffuso nelle società di antico regime, spesso confuso con altre malattie, presentando sintomi simili. Tuttavia, nonostante la sua ampia diffusione e la sua altissima letalità, i medici del tempo non avevano le idee chiare su come contrastarla, non avendone ancora compreso l'eziologia, chiarita solo nel 1894, quando Alexandre Yersin individuò il bacillo, causa della malattia e in suo ricordo soprannominato Yersinia pestis. Per questo i medici di antico regime spesso brancolavano nel buio, fornendo svariati rimedi curativi, per lo più inefficaci, e preferendo concentrarsi su rimedi di carattere preventivo, ben consapevoli che, propagatosi il male in una località, ben poco restava da fare se non fuggire, come consigliavano essi stessi. Ciò nonostante, a dispetto delle loro incertezze e dei loro frequenti fallimenti, incertezze e fallimenti testimoniati anche dallo sforzo da loro profuso per fornire una definizione della "peste", i medici erano comunque costretti a confrontarsi con la malattia. Come confermano i numerosi trattati medici compilati in età moderna, essi si sforzavano di conoscerne le cause, mostrando peraltro una grande capacità di osservazione dei sintomi e riuscendo quindi a proporre validi rimedi preventivi. Rimedi, questi, spesso non privi di fondamento in quanto basati proprio sull'osservazione della realtà, a differenza dei rimedi di carattere curativo, inevitabilmente inefficaci. Nel corso del 1600 il regno di Napoli, territorio politicamente parte dell'impero spagnolo, fu colpito da svariate epidemie. In questo paper ne considereremo solo due con uno sguardo rivolto agli aspetti più prettamente "medici": la grave pandemia del 1656, ampiamente diffusa in tutto il Mezzogiorno, e quella meglio controllata del 1690, arginata all'interno di una ristretta parte del territorio pugliese. Attraverso l'analisi di documenti originali, a stampa e manoscritti, esamineremo alcune descrizioni dei sintomi accertati dai medici, alcuni rimedi curativi da loro sperimentati sui pazienti e, terminato il male, alcune norme e soluzioni adottate, attraverso le operazioni di "spurga" e quarantena, per eliminare completamente ogni possibile rischio di ulteriore contagio. Ne emergerà l'immagine di un medico, e più in particolare, di un'intera società, fortemente impegnata a condurre una dura e impari battaglia contro una malattia micidiale e difficile da sconfiggere; una malattia che, non a caso, il noto storico Carlo Maria Cipolla ha definito un "nemico invisibile". Una battaglia all'epoca, come del resto ancora oggi, incentrata sulla convinzione dell'importanza solo della cura ma anche e forse soprattutto della prevenzione.
2019, Articolo in rivista, ITA
Fusco I.
The author of this essay deals with the plague epidemic which broke out in Apulia in 1690 and with the way it was managed. In many ways this pandemic was a unique case. In fact, despite the existence of clear difficulties in handling such an emergency, the central authorities succeeded in establishing a good control of the territory. They realized that new and extraordinary powers were to be entrusted to a government official acting at the local level in the name of the capital city. This official dealt with the plague emergency in a "despotic" way, often in conflict with local powers, but always with the backing of the central government. By this time political leaders had reached a new awareness of what should be done in such cases, and this was to influence the treatment of future epidemics as well. Prevention and control were now understood to be indispensable means of managing an emergency, and this required a centralized and almost "despotic" local government.
2017, Articolo in rivista, ENG
Fusco I.
In 1690 a plague epidemic broke out in the Kingdom of Naples, and ended in March 1692. It is better known as "the Conversano plague", as Conversano, a little town in the Apulian province of Terra di Bari, was the first plague-stricken place. Differently from the near 1656 pandemic, which had had a widespread diffusion all over the Kingdom and had provoked very high mortality rates, this epidemic hit only ten towns, remaining inside this Adriatic province. In 1690, in short, the disease was well controlled thanks to a strict and strongly desired preventive policy. This policy was based on a key figure, a governmental official who ruled at the local level, strongly supported by the Neapolitan authorities. So, in this paper, I deal with the 1690 plague epidemic, with its diffusion and mortality, and with the policy adopted by the central and the local governments to face the emergency. The story of this epidemic demonstrates that it was possible, under certain conditions, to adopt an effective health policy, isolating towns and villages; besides, it proves that in the 17th century a good policy of prevention was the main, if not the only, measure to be adopted to struggle against such a terrible disease.
2017, Monografia o trattato scientifico, ITA
idamaria fusco
Eventi straordinari, quali un'epidemia di peste, potevano ripetersi con una certa frequenza in una società di antico regime. Essi mettevano a dura prova le autorità di governo, costringendole ad assumere provvedimenti drastici ma, nella maggior parte dei casi, scarsamente risolutivi. Per combattere la peste bisognava infatti prevenirla, bloccarla alle porte di un centro, impedire che essa dilagasse. Era soprattutto la prevenzione alla base della lotta impari contro la malattia. Una prevenzione che le autorità erano tenute ad adottare in maniera rigorosa, senza eccezioni di sorta; tuttavia, nella realtà altre erano le logiche che spesso prevalevano. Con conseguenze disastrose per intere popolazioni. Alla luce di tali osservazioni, il ruolo delle istituzioni, le scelte e le "politiche" da esse adottate, a livello centrale e locale, emergono quali fattori chiave per leggere la storia delle epidemie di età moderna e, non ultima, della terribile pandemia scoppiata nel 1656 nel regno di Napoli. Fattori in grado di chiarirci successi e insuccessi, diffusione e controllo. In una società caratterizzata da dinamiche tutte proprie, basate su privilegi e diritti consuetudinari, la peste rompe gli equilibri preesistenti e l'ordine costituito, rimette in discussione le forze tradizionali e fa sorgere forze nuove. E, mentre le istituzioni centrali cercheranno, spesso invano, di proporre soluzioni atte a governare un regno in preda all'epidemia, saranno i "poteri" locali a emergere con rinnovato vigore, a trovare nuovi spazi di azione nel tentativo di controllare il territorio da essi amministrato. Spazi che toccherà alle istituzioni della capitale ricollocare, a epidemia terminata, in ambiti tutti nuovi. In tal senso, la peste del 1656 rappresenta un importante punto fermo per la storia delle epidemie che scoppieranno nel Mezzogiorno negli anni successivi, un'importante lezione per i governanti che verranno, i quali faranno ricorso a "politiche" ben diverse da quelle adottate nel 1656.
2016, Curatela di numero monografico (di rivista o di collana), ENG
Idamaria Fusco; desirée A.L. Quagliarotti
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2016, Articolo in rivista, ENG
Idamaria Fusco; Desirée A.L. Quagliarotti
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